Introduzione Santeria

 

Che cos’è! ( Leggi tutto )

Conosciuta anche come “Regla de Ocha“, la Santeria è la più importante religione di origine africana trasportata a Cuba dagli schiavi di quel continente, mescolatisi in seguito nell’isola (il sincretismo) e praticata fino ai giorni nostri da un gran numero di fedeli al punto di essersi convertita in una rilevante componente culturale dell’identità nazionale cubana. QUesto culto è originale dell’Africa equatoriale, più precisamente della regione compresa tra l’antico regno del Dahomey. Togo, Benin e il sud-ovest della Nigeria, dove vissero numerose tribù che avevano come idioma comune il “yoruba“. Oltre alla lingua, queste tribù dividevano tra loro molti tratti culturali e molte credenze religiose, specialmente quella per gli “orisha” che erano riconosciuti da tutte le tribù della regione. Con l’intensa tratta degli schiavi, che si svolse dal secolo XVI al secolo XIX per il lavoro nelle centrali di produzione dello zucchero, arrivano a Cuba questi negri yoruba d’Africa che riuscirono a conservare vive le proprie credenze religiose grazie alla resistenza opposta nei confronti dei loro padroni e all’abile identificazione degli “orisha” con i santi della religione cattolica a partire da alcune caratteristiche comuni (si fonde così, ad esempio, l’immagine di Santa Barbara con l’orisha Changò, signore del fuoco e del fulmine, dio della guerra; o quella di San Lazzaro con Babalù Ayè, anch’egli divinità dei lebbrosi e delle malattie della pelle). Il complesso sepolcro “yoruba” è composto da numerosi “orisha”, che alla loro origine furono personalità reali dotate di “achè” (potere) e resi santi dai loro discendenti. L’orisha viene trasformato in una forza immateriale che non diventa percettibile agli esseri umani, se non quando prende possesso di uno di essi attraverso la cerimonia denominata “hacerse el santo”. Tra gli orisha più conosciuti -dopo Changò e Babalù Ayè- ci sono Elegguà (signore delle strade, fusosi con il Nino de Atocha o Sant’Antonio da Padova), Obatalà (creatore della terra e dell’essere umano, identificato con la Virgen de las Mercedes) e Yemayà (madre della vita, identificata con la Virgen de Regla). A Cuba ha un ruolo di rilievo anche Ochùn, dea dell’amore, della femminilità e del fiume che è stata identificata con la Virgen de la Caridad del Cobre (patrona dell’isola). Con l’abolizione ufficiale della schiavitù (1880) molti schiavi yoruba, emigrati in zone urbane de l’Avana e di Matanzas (province dove si produceva molto zucchero) cominciarono a praticare con maggiore libertà i propri vecchi riti africani già mescolatisi con la religione cattolica. In quel periodo, nei quartieri di Regla e nei pressi de l’Avana, si fondano le prime case dedicate a questo tipo di culto. Due avvenimenti furono decisivi per una definitiva cubanizzazione della Santeria: l’unificazione di diversi culti yoruba in una unica liturgia (la denominata Regla de Ocha) raggiunta dal “balalawo” (il sacerdote dell’orisha Orula, colui che indovina il futuro) Lorenzo Samà e dalla sua sposa Latuan sul finire del secolo XIX, la definizione della “Regla de Ifà” (sistema di predizione usato dagli yoruba) che si deve al babalawo Eulogio Gutierrez (dopo l’abolizione della schiavitù riesce a tornare in Nigeria, dove però riceve l’ordine divino di far ritorno a Cuba per stabilire la Regla de Ifà: l’ordine sacro dei babalawo, gli unici capaci a predire il destino di donne e uomini mediante la Tavola di Orula). Il sistema per predire il futuro usato dalla Santeria, conosciuto appunto come Regla de Ifà, funziona attraverso la “Tavola de Ifà” o di Orula (identificato con San Francesco d’Assisi) che è manipolata dal babalawo, categoria sacerdotale che può essere ricoperta solo dagli uomini e solo quando un altro babalawo -dopo aver consultato la tavola- scopre che può essere figlio di Orula. I denominati “santeros” -uomini e donne- praticano la predizione del futuro quando il santo che hanno ricevuto in affidamento li autorizza per questa attività attraverso un sistema denominato Caracoles. La Santeria, come religione primitiva, ha un carattere pragmatico e attraverso di essa i suoi affiliati cercano di risolvere i problemi spirituali e materiali. Sono molto frequenti le feste dedicate agli orisha con musica e balli, grande quantità di cibo e bevande. Le feste più importanti sono di solito quelle del 4 dicembre, giorno dell’orisha Changò.

¡COMO ADORAN AL SANTO ESTAS TURBA SALVAJE!
 Come adorano il santo questi selvaggi!
 
 
Questo dissero probabilmente gli spagnoli dell’epoca dello schiavismo riferendosi agli schiavi degli ingenios cubani, che in occasione delle feste religiose, danzavano e cantavano in onore al santo cattolico. Si perché la legge della colonia obbligava gli schiavi africani a battezzarsi, rinunciare alla loro fede e abbracciare il cattolicesimo. E loro lo fecero, per salvare la propria vita, almeno in superficie. Le immagini cattoliche sono dense di simbolismo, per gli africani associare queste immagini alle loro divinità fu un processo lungo, ma inesorabile, al punto che tuttora, si fatica a distinguere la differenza tra gli Orishas e i santi della chiesa, nonostante il fatto che la religione cattolica non sia più imposta e che gli attuali sacerdoti delle varie religioni di ceppo africano presenti nell’isola stiano lavorando per separare le due entità. Fu così che l’Orisha Changò, divinità della mascolinità, della guerra, del fulmine e del tuono, venne legato indissolubilmente alla figura di Santa Barbara, come è stato possibile che un Orisha maschio come Changò fosse abbinato ad una Santa?
Semplice! Santa Barbara porta le vesti bianche e rosse, ha una coppa in una mano e una spada nell’altra e, racconta la sua storia, che suo padre venne ucciso dal fulmine subito dopo averla fatta decapitare perché cristiana. I colori rituali di Changò sono il bianco e il rosso, l’Orisha è un guerriero (la spada) e ama bere alle feste (la coppa), in oltre è il dio del fulmine che usa anche per castigare gli uomini indegni (il padre della Santa). E ancora, in uno dei racconti che riguardano Changò, si dice che una volta dovette travestirsi da donna per sfuggire ai suoi nemici Quindi il sincretismo tra il santo cattolico e l’Orisha può nascere da una motivazione profonda o da una similitudine estremamente semplice ed ingenua, dovuta anche al fatto che gli schiavi africani non sapevano assolutamente niente dei dogmi della chiesa e credevano che ogni immagine fosse a se stante, non capivano, e probabilmente non erano interessati a capire, che due diverse immagini della Vergine, con due nomi diversi fossero relative alla stessa persona, per loro non aveva senso!
 
 
GLI ORISHAS PRINCIPALI
Orula è la divinità della sapienza e della divinazione. E’ l’unico a cui Olofi permise di essere testimone della creazione dell’universo. Ora continua ad essere testimone del percorso dei destini degli esseri umani. Uno dei suoi titoli è Eleri Ipin, testimone della creazione del destino. I suoi sacerdoti sono i babalawos, che significa padri dei segreti. Il loro compito è quello di dedicare la loro intera esistenza alla pratica della divinazione e alle azioni ad essa correlate. Attraverso la Tavola di Ifà i babalawos svelano i segreti dell’universo e quelli dello svolgimento delle nostre singole esistenze I colori di Orula (o Orunmila) sono il verde e il giallo e riflettono la sua stretta relazione con Osain e con O’chun, la sua apetevi, con cui ha una connessione molto stretta. Orula è la saggezza e Ochun la conoscenza e la saggezza senza la conoscenza è inefficace, così come chi ha la conoscenza ma non la saggezza costituisce un pericolo per se stesso e per gli altri.
Obatalà è il padre benevolo di tutti gli orishas e dell’umanità. E’ lui che presiede alla testa e alle menti degli esseri umani. Olofi creò l’universo, ma diede a Obatalà il compito di organizzare il mondo di creare l’umanità. E’ la fonte primaria della purezza e della saggezza. E’ comprensivo e pacifico. Malgrado ciò il suo aspetto è quello di un guerriero e, grazie a questa veste, riesce a imporre la giustizia sul mondo. Il suo colore dominante è il bianco, a volte mescolato al rosso, al marrone o ad altri colori che stanno a rappresentare i suoi diversi cammini ( rappresentazioni e materializzazioni diverse di una stessa divinità). Il bianco è il colore che lo contraddistingue poiché in esso sono racchiusi tutti i colori dell’iride e quindi, in un certo modo, tutte le divinità. E’ l’unico Orisha ad avere sia cammini maschili sia cammini femminili.
Olokun è il mistero degli oceani. E’ quanto di più immenso e profondo si possa immaginare, un’entità talmente estesa e misteriosa che la mente umana non riesce a concepirla e a farne una rappresentazione. Olokun è, assieme a Yemayà, il principio vitale per eccellenza, colei da cui tutte scaturisce. Proprio in funzione della sua immensità e della sua impensabilità, Olokun è l’unico Orisha di cui non è possibile fare una rappresentazione materiale. Nessun essere umano può essere posseduto da Olokun perché la sua vastità non potrebbe mai essere racchiusa in un corpo tanto limitato. Si può dire che Olokun è un’entità mistica a cui i credenti si rivolgono con estremo timore e rispetto. I suoi misteri, infatti, così come sono fondamenti fecondi da cui la vita trae origine, possono diventare anche poteri distruttivi incontenibili.
Yemayà dea che vive e domina nei mari e nei grandi laghi. E’ la signora della maternità ed è considerata la Grande Madre universale. Il suo nome è un’abbreviazione dell’espressione Yeye Omo Eja che significa “la madre dei pesci”, a rappresentare anche il numero infinito dei suoi figli. Ogni forma di vita ha il suo inizio nel mare, a cui corrisponde a cui corrisponde il liquido amniotico in cui sono immersi gli embrioni umani, vicini alla vita dei pesci ancora prima che a quella degli uomini. Insieme alla potentissima e misteriosa Olokun, Yemaya è la radice di tutte le possibilità e di tutte le manifestazioni divine, è la fonte di tutte le ricchezze, che condivide con la sua sorella minore, Ochùn.Veste con sette sottane azzurre e bianche, indossa gioielli d’argento e di corallo e, come il mare e i laghi profondi, anche lei ha un temperamento profondo e insondabile e, per questo, anche imprevedibile. Nel suo cammino di Okuti è rappresentata come la regina delle streghe, custode dei misteri più profondi e oscuri.
Ochun E’ la regina delle acque dolci, i torrenti, tutti i corso d’acqua e i laghi. E’ la personificazione dell’amore e della fecondità. A lei si ricorre anche per cercare un aiuto in problemi di carattere economico. E’ la più giovane delle divinità femminili e, malgrado ciò, ha il titolo di Iyalode o regina. Possiede virtù curatrici che mette in pratica attraverso le sue acque e il miele, di cui è la padrona. E’ la seduttrice degli Orisha e in un’occasione riuscì a salvare il mondo costringendo, con il suo fascino, Oggun a uscire dalle foreste e tornare nella civiltà. Nel suo cammino di Ibu Kole (una delle rappresentazioni Dell’Orisha) salvò il mondo d una siccità volando in cielo. Per la sua funzione centrale dell’intermediazione tra gli uomini e Orula, tutti coloro che vengono iniziati come Iawos, qualunque sia la divinità che stanno per ricevere devono rendere omaggio a Ochun bagnandosi in un fiume. I colori di Ocun (la cui rappresentazione sincretica è la vergine della Carità di Santiago) sono il giallo e l’oro, il suo numero è il 5. A lei appartengono i pavoni reali altri uccelli dal piumaggio colorato. Ochun è in sostanza la rappresentazione della femminilità e come tale ha anche delle accentuate caratteristiche di vanità e narcisismo. Adora le feste e i balli, i gioielli e gli adorni di ogni genere, soprattutto d’oro. Il suo fiore preferito è il girasole.
Changò E’ probabilmente il più popolare degli Orishas; Changò (Santa Barbara, nella iconografia sincretica cattolica) domina i lampi, i tuoni, il fuoco, i tamburi e la danza. E’ una divinità guerriera di temperamento astuto e strategico, ma molto irascibile. Il suo carattere primario, comunque, è quello di essere la personificazione stessa della virilità. In un passato leggendario, Changò era l’imperatore (Alafin) del regno di Oyo. La sua sposa legittima è Obba, ma mantiene relazioni amorose anche con Oyà e Ochun. E’ un Orisha dal carattere focoso e dalla volontà ferrea, appassionato di tutti i piaceri terreni:il ballo, i tamburi, le feste, le donne, il cibo. Si accompagna sempre ad Elegguà, di cui si dice è Ocanani, che significa fatti di un solo cuore, inseparabili. La natura di Changò trova la sua rappresentazione più evidente nella caduta di un fulmine, nella rapidità con cui il fuoco può divorare ciò che incontra sulla sua strada. La leggenda vuole che le capacità divinatorie di Ifà originariamente appartenessero a questo Orisha e che questi le abbia cedute a Orul in cambio della bravura nella danza. I suoi figli, comunque, mantengono forti capacità di divinazione. In onore sua grandezza, ogni volta che viene menzionato Changò i fedeli si sollevano sulla punta dei piedi o si alzano se sono seduti. La casa di Changò viene generalmente rappresentata come un castello fortificato, in ricordo del suo passato di imperatore. I suoi simboli sono strumenti guerrieri, come la lancia e l’ascia e o suoi colori sono il rosso e il bianco. I numeri in cui si rappresenta sono il 4 e il 6.
Elegguà è colui che presiede ad ogni cammino e ad ogni porta del mondo. E’ il depositario dell’Ashè, ovvero del potere spirituale. E’ anche simbolo degli opposti. I suoi colori sono il rosso e il nero, proprio a sottolineare la sua natura contraddittoria. In un certo senso, Elegguà si situa a metà strada tra gli esseri umani e gli esseri divini. Viene personificato in un bambino, messaggero capriccioso ma anche ingenuo tra i due mondi, Proprio per questo suo ruolo di intermediario tra uomini e divinità, Elegguà ha una stretta relazione con Orula. Qualunque azione voglia intraprendere un credente nella Santeria, la prima cosa che farà sarà consultare Elegguà, chiedere il suo consiglio e il suo permesso. In tutti i rituali santeri, a lui è dedicata la prima offerta sacrificale, poiché è Elegguà che apre ogni sentiero e decide se liberare la strada verso il raggiungimento di un obiettivo a costellarla di ostacoli e difficoltà. Tutte le feste della Santería cominciano e terminano con canti, ritmi e danze per Elegguá. Egli balla con il suo attributo, il garabato, una sorta di gancio o di ramo curvo con il quale apre il cammino agli uomini. Questo Orisha, nei riti di divinazione, parla ed è rappresentato attraverso i numeri 3 e 21.
Oggùn è il dio del ferro, della guerra, del lavoro manuale. E’ colui che presiede a tutto ciò che implica tecnica, costruzione tecnologica. Il fine di queste tecniche e tecnologie è principalmente quello bellico, data la sua natura di guerriero. Così come Elegguà apre le strade, Oggùn le spiana a colpi di machete. Sulla vita e le abitudini di Oggun esistono numerose e contraddittorie leggende, ma tutte concordano nel rappresentarlo come una divinità costantemente impegnata nel lavoro manuale, nella meccanica, nei lavori pesanti di costruzione di ogni tipo di materiale. Ha una personalità schiva, vive principalmente lontano dalle folle, nei boschi, nelle montagne. I suoi colori sono il verde e il nero e il numero di cui si riconosce è il 7.
Oyà Amante di Changò, signora del fulmine e del cimitero. Violenta e impetuosa, ama la guerra e accompagna Changò nelle sue campagne, con il suo esercito di spiriti, combattendo con due spade. Vive alla porta del cimitero o nei suoi dintorni. Con Elegguà, Orula e Obatalà, domina i quattro venti. Possiede tutti i colori tranne il nero, il suo giorno è il venerdì. Si sincretizza con la Vergine della Candelora
Babalu’ Aye o San Lazzaro è uno degli Orisha più invocati dai fedeli nella Santeria, ma anche dai cattolici cubani. E’ la divinità che ha a che fare con le malattie del corpo, le epidemie, le menomazioni. La raffigurazione di Babalu Aye, infatti, è quella di un mendicante storpio, coperto di piaghe, vestito solo di una poverissima veste bianca. Ma Babalu è anche colui che aiuta chi soffre, il santo a cui tutti chiedono la grazia della guarigione e l’aiuto negli stati di malessere fisico, di problemi di salute propria o di persone care. Moltissime sono le manifestazioni del culto a San Lazzaro, veri e propri voti che i fedeli adempiono andando in pellegrinaggio al santuario dedicato a questo santo nel quartiere Habana Centro della capitale. Si vedono persone che percorrono il sentiero in ginocchio, vestite di stracci bianchi, che donano soldi e altri regali ai tanti mendicanti che si affollano attorno al luogo santo e mille altre espressioni di gratitudine o di offerte votive.
Ochosi è il terzo membro del gruppo di Orishas denominato Guerreros e viene consegnata assieme a Eleggua, Oggun e Osun, la freccia della giustizia, per proteggere colui che riceve questa iniziazione, per aprire e spianare la sua strada. Ochosi è un cacciatore che , per inseguire le sue prede esplora territori sconosciuti e impervi. Nella gerarchia degli Orisha il suo ruolo è quello di intermediario e interprete per Obatalà, con cui è in stretta relazione. I suoi colori sono il blu e il giallo, la sua rappresentazione materiale è quella di una gallo e la sua collocazione all’interno della casa degli iniziati è in un luogo elevato.
OSAIN Osain è il medico degli Orishas. E’ l’unico a conoscere perfettamente le virtù curative di ogni elemento naturale, erbe, alberi, minerali. Il suo stesso spirito alberga nelle sostanze curative e Osain vive in ogni angolo in cui vi siano elementi naturali, in un piccolo vaso come in un enorme bosco. Osainisti sono coloro i quali si specializzano nella conoscenza delle proprietà medicinali degli elementi naturali e delle correlazioni tra questi elementi e le varie forze spirituali a cui appartengono e che ne determinano gli usi. Praticamente in ogni cerimonia delle Regla sono presenti piante e rami di albero che vengono scelti accuratamente in funzione delle loro proprietà e Osain è colui a cui si deve chiedere il permesso di addentrarsi nei boschi o di raccogliere un qualunque elemento. Solitamente la persona che esegue queste operazioni (che sono regolate da rigorosissime norme di comportamento) è uno specialista nella raccolta delle erbe che si occupa poi anche della vendita. E’ lo yerbero, una figura tradizionale ancora molto diffusa in tutta Cuba.
aggayu Aggayù Sola: Divinitá maschile identificato con San Cristoforo. Patrono delle forze terrene, della terra secca, del deserto e dei vulcani. Nella mano stringe un “TOMAHAWK” (ascia di pietra e legno). Veste fondamentalmente di bordó- marrone ed altri nove colori.
obba Obba o Obba Yurú: L’oricha, figlia di Obatalá, identificato con Santa Rita da Cascia, Santa Caterina da Siena e Santa Caterina d’Alessandria
Orisha oco Padrone di tutte le terre coltivate e dei suoi prodotti nonchè degli strumenti agricoli. Il suo colore è il rosa e il verde, il santo è San Isidro.