Regla de Ocha

Santeria o Regla De Ocha

Tra le religioni di origine africana che si sono conservate a Cuba si distingue la Santeria o Regla de Ocha. Questo culto popolare cubano nasce dall’integrazione delle credenze e delle pratiche religiose degli schiavi yorubas della Nigeria occidentale con gli elementi del cattolicesimo e altre espressioni religiose di diversa provenienza storica. Questa è la religione di maggior complessità e diffusione tra quelle di origine africana in Cuba e allo stesso tempo quella che ha subito le più profonde trasformazioni in quasi due secoli di esistenza. Il nome di Santeria o Regla de Ocha deriva dal culto degli orichas, cioè le divinità attorno alle quali si sviluppano tutte le forme di religiosità che si producono in questo contesto. Queste forze sovrannaturali, sono spiriti e divinità associate agli elementi della natura e che possono influire sulla vita dei credenti sia positivamente che negativamente, motivo per cui in ogni momento questi ultimi cercheranno di guadagnarsi i loro favori attraverso preghiere, invocazioni, sacrifici, offerte, i sistemi di divinazione e la realizzazione di cerimonie rituali. In Africa si contano più di 400 oricha, ma solo una quarantina sono abitualmente oggetto di culto in Cuba. Il sistema di divinazione (cioè di predizione del futuro) usato nella Santeria è conosciuto come Regla di Ifà, funziona attraverso la “Tavola di Ifà” o di Orula (identificato con San Francesco d’Assisi) che è manipolata dal babalawo, categoria sacerdotale che può essere ricoperta solo dagli uomini e che occupa la posizione più alta nella gerarchia della Santeria. Solo il babalawo,è in grado di identificare l’oricha da cui dipende il credente. Grazie alla sua preparazione può interpretare i segni esoterici che gli si rivelano attraverso “l’oracolo di Ifà”, così come appaiono sulla “tavola”. Altre predizioni si possono avere attraverso l’interpretazione della posizione in cui cadono i pezzi di cocco lanciati sopra al pavimento. La lettura dei messaggi trasmessi attraverso “los caracoles” (conchiglie) spetta a una categoria particolare di santeri detta “Italero” o “Oriate”.

Nel culto santero sono di fondamentale importanza gli spiriti dei morti, chiamati eggun, che vanno sempre onorati prima degli orichas. I defunti hanno bisogno di essere nutriti e perciò a casa di un santero troverete sempre, nel bagno o dietro le porte, bacinelle d’acqua, tazzine di caffé, bocconi di cibo, mazzi di fiori e candele votive. La Santeria si basa sulla credenza di un “Essere supremo” formato da tre elementi e dotato di una forza astratta e cosmica capace di dare vita a tutto (Achè): Olodumare: è l’universo. Olorun: è il sole, è la forza vitale della natura e di tutti gli elementi che permettono la vita sulla terra. Olofin: è la forza creatrice del regno degli umani e degli animali. Questa trilogia, “Essere Supremo”, invia sulla terra le divinità, ovvero angeli custodi degli uomini, per aiutarli a risolvere i problemi quotidiani della loro vita. Nel linguaggio comune si chiamano indistintamente “orichas” o “santi” con riferimento ai santi cattolici. E’ proprio da questa parola “santo” che prende il nome la Santeria. L’Aché tra le popolazioni di origine yoruba significa “la forza”, intesa non come violenza, ma come energia vitale che genera una polivalenza di forze e controlla attraverso di esse l’integrità fisica e morale e persino la sorte.

La pratica della Santeria

Come ogni elemento, sorto dall’ Essere Supremo che integra l’universo (l’aria, il mare, la terra, il fuoco, i minerali, la vegetazione e gli animali), l’essere umano discende da un “oricha” del quale si dice che è figlio o figlia e che lo accompagna per tutta la sua vita per proteggerlo e guidarlo, però anche per castigarlo se infrange le regole che si impegnò a rispettare. I credenti che si convertono in praticanti sono chiamati: Santeri o Santere. La principale motivazione di avvicinamento alla Santeria è la necessità di risolvere un problema, nella maggioranza dei casi una malattia o problemi gravi di salute, oppure perché si segue un’usanza di famiglia. Infatti possono essere santeri anche bambini molto piccoli che sono stati iniziati alla religione per volontà dei genitori. Una volta che l’oracolo ha identificato l’oricha protettore del credente, questo dovrà adottarlo, rispettarlo, venerarlo, onorarlo, consultarlo e accettare le sue proibizioni, che possono essere di carattere alimentare, vestiario o altro. Per poter essere iniziato il credente deve essere battezzato secondo il rito cristiano e poi prendere tra i santeri un padrino e una madrina di cui diventerà “affiliato”. Questi gli insegneranno i riti elementari della religione, lo consiglieranno e vivranno al suo fianco tutte le tappe più importanti della sua vita: matrimonio, compleanno, ecc. Una volta terminata l’iniziazione, il futuro santero, dovrà iniziarsi alla nuova religione e sarà sotto la totale protezione dei suoi padrini per un anno nel quale si chiamerà “iyawò” e durante il quale si vestirà solo di bianco, simbolo della purezza. In questo periodo il santero riceverà le collane sacre che esporrà nel suo santuario e porterà quella che corrisponde ai colori del suo oricha. Questi “collares” e “manillas” (bracciali) oltre al loro potere di protezione, permettono ai fedeli di riconoscersi facilmente e sapere qual è il grado di compatibilità tra loro. Passato l’anno l’iyawò si converte in “santero” e a partire da questo momento la sua entrata nella religione è considerata come una nuova nascita.
La religione yorubà si caratterizza per il culto ad un Dio supremo (vedi paragrafo 3.1.1) e ad un insieme di divinità intermedie dette orichas il cui intervento e la cui volontà dirigono la vita umana. Gli Orichas sono divinità di cui alcune erano esseri umani che nel corso della propria vita accumularono un potere e un sapere sulle forze naturali e umane in virtù dei quali transitarono dalla condizione di umani a quella di dei (es.: si dice che Changò fosse un antico re yorubà). Ognuno personifica una forza della natura a cui è associato un culto che obbliga i credenti ad offrire alimenti, fare sacrifici e preghiere per richiedere protezione, favori e a volte per placare la loro ira. Gli orichas hanno sembianze umane e sono gli intermediari tra il Dio supremo e gli uomini, quando durane i riti religiosi possiedono alcuni dei loro figli, ballano le loro danze, a volte parlano, fanno profezie e danno consigli. A Cuba vengono anche detti “santi” in seguito al processo di sincretizzazione avvenuto tra la religione yorubà degli schiavi provenienti dall’Africa e il cattolicesimo imposto dai conquistatori spagnoli; quindi ogni oricha trova il suo corrispettivo nella tradizione cattolica o in base alla storia personale del santo o per la somiglianza delle loro immagini e degli attributi che li caratterizzano. Ogni santo del pantheon yorubà ha oggetti, colori, elementi naturali che lo raffigurano simbolicamente e su cui egli ha potere, ritmi (o toques) che lo identificano e su cui si inseriscono un’infinità di canti dedicatigli.